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Fukushima e i costi occulti del nucleare

Esperti USA si oppongono allo sversamento di acqua radioattiva

Il Giappone affronta i conseguenze a lungo termine del disastro nucleare di Fukushima, suscitando preoccupazioni sulla sicurezza ambientale. Gli esperti statunitensi sollevano dubbi sull’approccio giapponese allo smaltimento dell’acqua contaminata.

L’ombra dell’incidente nucleare di Fukushima si allunga con lo sversamento di oltre un milione di tonnellate di acqua radioattiva nell’Oceano Pacifico. Dodici anni dopo il tragico terremoto e tsunami che colpirono la centrale nucleare giapponese, il Giappone si trova ad affrontare una sfida monumentale nello smaltire i liquidi contaminati utilizzati per il raffreddamento dei reattori danneggiati. Sebbene le autorità abbiano definito questa azione come la “meno dannosa” tra le opzioni possibili, gli esperti statunitensi sollevano preoccupazioni sulla sua sicurezza e sui potenziali effetti a lungo termine sull’ambiente marino.

L’acqua contaminata da Fukushima, in quantità pari a oltre 500 piscine olimpioniche, verrà gradualmente rilasciata nell’Oceano Pacifico a un chilometro dalla costa. L’operazione, stimata in circa 40 anni, è stata resa necessaria dal fatto che lo spazio di stoccaggio è in esaurimento e che ulteriori acque di raffreddamento verranno accumulate nel frattempo. Mentre le autorità giapponesi assicurano che il trattamento delle acque ha rimosso la maggior parte degli elementi radioattivi, esperti americani del National Association of Marine Laboratories mettono in dubbio la sufficienza dei dati scientifici a sostegno della sicurezza dell’operazione.

Uno degli isotopi radioattivi che solleva particolare preoccupazione è il trizio, difficilmente separabile dall’acqua. Questo solleva interrogativi sulla possibilità che gli sversamenti possano avere impatti negativi a lungo termine sull’ecosistema marino e sulla catena alimentare. Questo avvenimento si somma a una serie di pressioni umane che minacciano sempre più la biodiversità marina, tra cui l’inquinamento plastico e il rilascio quotidiano di idrocarburi.

L’incidente di Fukushima mette in risalto i costi occulti del nucleare, che spesso sfuggono all’attenzione. Oltre allo smaltimento di rifiuti radioattivi, la chiusura e lo smantellamento di centrali nucleari obsolete comportano spese ingenti e complessità tecnica. Inoltre, la sicurezza di tali impianti è minacciata da possibili attacchi terroristici o conflitti, come evidenziato dal rischio costante che incombe sulla centrale di Zaporizhzhia durante il conflitto tra Russia e Ucraina.

In questo contesto, molti sottolineano l’importanza di sviluppare fonti di energia alternative, pulite e sostenibili. Mentre si guarda con interesse alla prospettiva di centrali nucleari di nuova generazione che sfruttino la fusione nucleare, simile al processo che alimenta il sole, il cammino verso un nucleare pulito è ancora lungo e incerto. Pertanto, molti ritengono cruciale che i paesi concentino sforzi economici e scientifici per accelerare lo sviluppo di queste nuove tecnologie, simili alla risposta globale alla crisi sanitaria. Nel frattempo, l’adozione di fonti rinnovabili come energia solare, eolica e marina rimane la via più promettente verso un futuro sostenibile.

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